Di Paolo della Rosa
I numeri non sono tutto nella vita, ma sono un supporto indispensabile per comprendere molte situazioni. Il mondo del vino non fa eccezione.
Abbiamo preso in esame i dati planetari a partire dal 2010, cominciando dal lato dell’offerta: in milioni di ettolitri la produzione media globale annua è di circa 270 milioni, di cui più della metà provenienti da soli tre paesi: Italia (48), Francia (46), Spagna (42). E c’era anche da aspettarselo, che i paesi che coltivano la vite dai tempi dell’Impero Romano siano anche quelli che fanno più vino.
Seguono gli Usa con 29 milioni, l’Argentina con 14, l’Australia con 12 e, davanti al Cile con 10, (udite! udite!) la Cina con 11, paese che in pochi anni ha triplicato il suo fatturato in vino, e non solo in questo settore. La Germania, patria del Riesling, segue con 9 milioni.
Il consumo mondiale di birra (che possiamo presumere circa uguale alla produzione) è di quasi dieci volte tanto, ovvero 2.500 milioni di ettolitri, ed è abbastanza stabile nel tempo. Non così il consumo del vino che, dal 2002 al 2016 è passato da 246 milioni a 282 milioni di ettolitri, con un aumento di circa il 15%, distribuito nel tempo con gradualità. Siamo così passati da una situazione di modesta sovrapproduzione a una di leggera scarsità. Questo piccolo squilibrio non altera il buon andamento del mercato poiché il vino (contrariamente alla birra) si conserva negli anni ed è quindi possibile compensare nel tempo le eccedenze con le insufficienze.
Interessante conoscere anche i dati dei del 2016 divisi per tipologie. Su 282 milioni di ettolitri consumati, ai vini spumanti sono andati 21 milioni (7,4 %), ai rossi 116 milioni (41,1%), ai bianchi 80 milioni (28,3%) ed ai rosati 20 milioni (7,1%). I 45 milioni mancanti saranno probabilmente distribuiti tra vini speciali, aromatizzati e (credo) dolci, come Porto, Vermut e Passiti.
Ma i dati forse più interessanti (relativi al 2016) sono quelli sulla distribuzione e l’evoluzione dei consumi nelle varie nazioni, e soprattutto sul consumo pro-capite, che misura il “peso” che il vino ha in ciascun paese. Si pensi che negli ultimi 50 anni il consumo pro-capite di Italia e Francia è dimezzato, attestandosi sui 40 litri all’anno per persona. Questo perché il vino ha mutato la sua funzione di integratore calorico della dieta (nella società povera) in quella di gratificazione del gusto. Mutazione analoga a quella del sesso, che dapprima concepito come lo strumento della riproduzione, è ora vissuto come fonte di piacere.
Il dato più sorprendente è che il maggior consumatore del pianeta è la Cina, con 46 milioni di ettolitri (quasi triplicati rispetto al 2002); seguita dagli USA con 32 milioni (50% in più rispetto al 2002). Quarta è l’Italia con 23 mln (20% in meno (!) rispetto al 2002, subito dopo la Francia (anch’essa con consumi in calo).
Di seguito Germania (con 20 mln e consumi in netto aumento) seguita da Regno Unito, Russia e Giappone.
Terminiamo con i numeri del commercio internazionale.
I dati sono riferiti all’import/export di vino (non sfuso) nel 2016 espressi in milioni di dollari USA.
Export: prima Francia (5.601 mln), seconda Italia (4.385 mln), terza Spagna (1.902 mln). Seguono Cile e Australia; distanziati Argentina, Portogallo e Sudafrica.
Import: primi USA (4.186 mln), poi Regno Unito (2.524 mln) e terza la Cina (2.194 mln), che va forse integrata coi dati di Hong Kong (1.490 mln). Seguono Germania e Canada; appaiati Giappone e Olanda.