San Marco a Canelli

A me piacciono i piatti buoni, qualunque cosa voglia dire, e i piatti ricchi, della festa: sono convinto che chi va in un grande locale, anzi: in qualunque locale che lui reputa importante, questo cerca. Tutti i giorni, a casa e in mensa, dobbiamo ragionare dietologicamente (io mangio per lavoro, sono esente…), quando usciamo, poche volte al mese, via con la gola.

Per avere un piatto buono, si sa, bisogna avere ingredienti molto buoni e lavorarli con tutte le attenzioni possibili, per “danneggiarli” il meno possibile. E qui viene fuori la modernità. Grazie alla scienza di oggi conosciamo moltissimo degli ingredienti e del loro comportamento in cottura, infinitamente di più non dico del secolo scorso ma anche di una generazione fa. E l’industria ha messo a punto tecniche e procedure per lavorarli al meglio. Questo deve fare un bravo cuoco. Poi abbini gli ingredienti in maniera più tradizionale o più innovativa a secondo della sua sensibilità. Ma tecniche arcaiche, no grazie.

Per questo amo la cucina di Mariuccia Roggero, del San Marco di Canelli. Il locale fu fondato nel 1959 dal padre di suo marito Piercarlo Ferrero: era una ruspante trattoria. Piercarlo inizia a lavorarvi a 15 anni, a 20 sposa Mariuccia, che allora faceva la centralinista ma amava la buona cucina, che subito finisce ai fornelli e diventa in 1 anno la cuoca.

Il locale prospera ma la proposta che fanno sta a loro un po’ stretta. Piercarlo fa il corso di sommelier, Mariuccia incomincia a fare stage in grandi locali, e a impratichirsi di macchine nuova, prima il forno Rational, che saperlo usare bene non è facile, poi tutti gli altri.

Nel 1986 la decisione viene presa, diciamo così, a freddo: innalzare la qualità. Che vuol dire ridurre i coperti, implementare la qualità, e quindi il costo, delle materie prime utilizzate e la carta dei vini – e utilizzare le tecniche nuove che oramai Mariuccia ben conosceva. Il successo è immediato: non sempre il destino è cinico e baro. I clienti cambiano ma i nuovi diventano abituali.

La cucina del San Marco è quella piemontese tradizionale, quella che io chiamo borghese, quella che ha tempi e modi di cucinare che mal si abbinano con i tempi di oggi, che premiano la cucina al salto. Fatta di bolliti, brasati, fritti misti, frattagli e simili – nota bene: io sono di origine piemontese, questa è la mia cucina del cuore. Però, ovviamente non tutti ma in gran parte, preparati con tecniche moderne.

Certo sono comparsi anche piatti nuovi, anche il pesce. Ma il San Marco resta un esempio veramente mirabile di evoluzione della tradizione: salvare l’anima dei piatti di una volta ma cambiandone la procedura di esecuzione. E la salvezza avviene grazie al cambiamento di procedura, non nonostante… Le tecniche di una volta lasciamole agli storici della cucina.

PS ha anche uno dei migliori rapporti qualità prezzo che conosco. Non guasta…

Ristorante San Marco, via Alba 136, tel 0141.82.35.44, www.sanmarcoristorante.it, 60 Euro bere a parte