Sono per tre quarti piemontese – e per un quarto napoletano. Peraltro sono nato a Milano. Comunque amo la cucina piemontese, quella della mia infanzia, ovvero i piatti che mi padre amava e che Candida, la nostra cuoco, preparava – anche se era pavese e quindi qualche traccia lombarda c’era.
Però sono anche forsennatamente a favore del nuovo in cucina: sulle tecniche in prima battuta, ma anche sugli abbinamenti. Nessuno è perfetto… Convinto come sono che una cucina che si ferma muore.
E questo mi crea un po’ di problemi quando vado in Piemonte a mangiare. Perché il grande corpus di quella cucina è visto dalla maggior parte dei ristoratori come sacro e intoccabile.
Quindi apprezzo quei pochi che vogliono fare evolvere quella cucina. Sia chiaro, passo dopo passo, che più veloci non ha senso andare, ma che comunque ci provano.
Fra questi svetta Paolo Viviani, chef della Cascina Faletta: che oltre che ristorante è anche un hotel accogliente, poi producono vini. Paolo con garbo e intelligenza innova e reinterpreta, non tutta la sua proposta, ma alcuni piatti – comunque basati prevalentemente sulle materie prime locali, pesce di mare escluso. In sintesi, fa quello che io penso sia giusto fare…
Quindi troverete gli agnolotti ai 3 arrosti; e la guancia brasata. Ma anche proposte come baccalà mandarino e legumi; tajerin con broccoli, vongole e pane all’aglio; riso, spumante, cavolo viola e latte affumicato; e calamari, fagioli e gelato al riccio di mare. Tutti eseguiti più che bene, ovviamente. E in più sono esteticamente belli, cosa che non guasta mai.
La rotta è giusta e complimenti a lui e ai patron, Elena Novarino e Giovanni Rosso, che lo stimolano in questo. Avanti così, per il bene della cucina piemontese.
Cascina Faletta, Regione Mandoletta 81 – SP42, Casale Monferrato, tel 0142.67.00.68, www.faletta.it, sui 45 euro