Ambasciata

Lunga vita all’Ambasciata di Quistello! Messa in ginocchio dal terremoto del 2012 e da conseguenti vicissitudini, oggi è del tutto tornata coma pria.

Io ci andai la prima volta, con mia madre, nel 1980: e molto mi piacque. Ci sono tornato tante volte, non tante quanto avrei voluto perché è dannatamente lontano da Milano, e sempre continuò a piacermi.

Questo detto, non è facile, a mio parere, parlare del locale e dei loro patron, Romano Tamani, che sta in cucina, e suo fratello Francesco, che sta in sala: oggi, 140 anni in due. Non è facile perché è un locale che sembra semplice mentre è di grande complessità. Comunque, proviamoci.

In primo luogo è bellissimo. D’accordo, la bellezza è negli occhi di chi guarda e per me, per i miei occhi, la bellezza è quella di un disegno di Hokusai o di una natura morta di Zurbaran: essenzialità allo stato puro. L’Ambasciata è assolutamente l’opposto, è un sovrabbondante insieme di tappeti, pile di libri, argenti, specchi, tende, bottiglie, luci, tavoli, tavolini, tovaglioli da 1 metro quadro!! e chi più ne ha più ne metta. Ricco e barocco che di più non si può, ma con uno straordinario equilibrio, sembra che nessun singolo pezzo sia di troppo e se ne mancasse uno ci sarebbe come un buco: in questo sono stati bravissimi. E’ un horror vacui che è lusso, calma e voluttà allo stato purissimo. A sforzarsi, e dato che il soffitto è fatto con tende, potrebbe ricordare la tenda di un imperatore medioevale: Barbarossa sarebbe stato a suo agio. Credo, eh…

Quanto alla cucina, molti dicono che Romano faccia la più grande cucina semplice, diciamo così, da trattoria, del nostro paese – e lui indulge con snobismo a questa diceria, che peraltro, diciamocelo, porta tanti clienti, proponendo dei piatti di inaudita semplicità come la mariconda o il riso con tridura (cioè uova e grana), gettonatissimi.

Però la base del suo progetto gastronomico è sempre stata la cucina di corte dell’Italia cinque e seicentesca o meglio delle corti della sua terra di quel periodo, certo adattata alle tecniche moderne ma neanche tantissimo, più infiniti spunti, italiani ma non solo, che ha elaborato lungo gli anni. Fatti con ottimi ingredienti.

Insomma, è una sintesi davvero esemplare fra l’intelligente riutilizzo della sua tradizione, sia popolare sia di corte, con spunti e tecniche di oggi. In sintesi, all’Ambasciata si “gode un pasto”, nel senso di cibo più tutto il resto, come in pochissimi altri locali della penisola. Non è poco…

Ambasciata, Piazzetta Ambasciatori del Gusto 1 (ma sul navigatore scrivete via Martiri di Belfiore), tel 0376.61.82.55, sui 120 Euro